SPECIALE “LE NOVE REGINE”: Mantova, bentornata nel professionismo!
La banda obliqua, rossa su sfondo bianco, ricorda quella del River Plate. Sprazzi di Argentina nel cuore del Nord Italia, al confine tra Lombardia ed Emilia Romagna, dove Mantova ha il suo regno e si sforza di respingere con fatica gli assalti dei giganti del calcio.
Non saranno gli anni di Maurizio Lori, quando si sognava la A e sul campo si raccoglievano gli scalpi di Napoli, Genoa e addirittura Juventus, ma la promozione in Lega Pro sa di primo passo verso il paradiso. In quarta Serie, nel gironde D, i 7 punti di vantaggio sul Fiorenzuola consentivano di sentirsi piuttosto sicuri e di guardare con fiducia al rush finale. Il Coronavirus ha stoppato a metà la 25 giornata e lasciato tutti col fiato sospeso, sebbene l’epilogo fosse nell’aria indipendentemente dalla pandemia. Certo, dopo il 3-3 dell’andata c’era ancora lo scontro diretto del ritorno da giocare, eppure sensazione condivisa è che nonostante gli sforzi profusi, difficilmente ci si sarebbe potuti confrontare alla pari con Golia.
Vincere e nient’altro, con questo presupposto era cominciata la stagione e quando la certezza del successo ha vacillato a pagare è stato l’allenatore. Via Lucio Brando, dentro il duo Garzon – Cuffa con l’obiettivo poco nascosto di riprendere immediatamente a correre.
Con elementi in rosa del calibro di Altinier, Giorgi e Della Fiore, difficilmente sarebbe potuto essere altrimenti. Veterani di categorie superiori, mescolati a gente di sicuro affidamento. Da Valentini a Venturini, come una filastrocca passando per i bomber Guccione e Scotto: 35 gol in due e portieri avversari chiamati in continuazione agli straordinari.
Se nel pallone non vince sempre il più forte, insomma, Mantova è la regola che smentisce l’eccezione. Tre anni per ritrovare il professionismo d’altronde sono anche troppi per chi è abituato a calcare terreni prestigiosi e ad esibirsi sotto la luce dei riflettori. Non sarà il playoff del Delle Alpi, contro il Torino nel 2006, ma per ritrovare 60mila spettatori accalcati in tribuna da qualche parte bisognava pur partire.
di NANNI SOFIA