Un anno in lockdown: breve storia dello sport ai tempi del Covid
“Andrà a tutto bene”. Ciccio Caputo lo scrisse su un pezzo di carta, gli italiani in striscioni attaccati ai balconi. Ci abbiamo creduto in blocco, eppure dodici mesi dopo, purtroppo, possiamo dirlo senza paura di essere smentiti. Non è stato esattamente così. Il Covid continua a fare danni, i decessi – nel nostro Paese – sfiorano le centomila unità e la distribuzione dei vaccini sbatte su polemiche e ostacoli burocratici. Le varianti, adesso, preoccupano Regioni divise per colore, mentre in cabina di regia sono mutati governo e, di riflesso, commissario all’emergenza. Ora c’è Mario Draghi, il 9 marzo 2020, al culmine di settimane ad alta tensione, era stato Giuseppe Conte, in diretta, ad annunciare il lockdown nazionale. Parola nuova, con cui inizieremo a fare in conti: non sarà l’unica.
Il vocabolario si arricchirà presto di termini inediti, o peggio, riesumati dal linguaggio militare: trincea, coprifuoco, bollettino, link epidemiologico. La lista si allunga con il trascorrere di settimane da affrontare barricati in casa o in fila per la spesa. Ci riscopriremo pasticceri, fornai e cantanti. Atavici divoratori di serie tv e, all’improvviso, persino pirati informatici. Tutto passa da uno schermo e, intanto, la vita si ferma. Niente discoteca, ristorante, lavoro e sport. La corsa al parco si trasforma in oggetto di scontro politico, l’attività fisica non è più indispensabile. Di fronte al nemico comune e misterioso, anche i milionari interessi del pallone smettono di rotolare.
Atalanta-Valencia vale un posto tra le migliori otto d’Europa e si gioca a Milano. Sugli spalti 50mila bergamaschi in delirio applaudono la banda di Gasperini, strabuzzano gli occhi, si scambiano, ignari, gli ultimi abbracci di sincera felicità. San Siro da teatro del sogno, in breve, diverrà radice dell’incubo. In tribune traboccanti di entusiasmo, il virus galoppa. Farà lo stesso a Pesaro, in occasione delle Final Eight di Coppa Italia. E’ basket, ma la pandemia non conosce eccezioni di disciplina. I talk televisivi raccontano di rinvii a cascata, a cui, a distanza di qualche giorno, farà seguito lo stop definitivo. Ipotizzare una data per la ripresa è esercizio più complicato del tredici alla schedina. Saltano gli Europei, il Giro d’Italia e le Classiche di primavera, dinnanzi a una simile guerra, persino l‘Olimpiade deve alzare bandiera bianca.
Dal calcio alla pallavolo, dal rugby al ciclismo gli atleti intratterranno i fan tra palleggi con rotoli carta igienica, improbabili contest e riuscitissime dirette Tv, al motto di “Io resto a casa”. E’ la comunicazione 3.0, l’unico modo per stare vicini al tempo della pandemia. Passano così, con il tradizionale barbecue avvolto nel cellophane, Pasqua, 25 aprile e Primo maggio. Poi la situazione lentamente migliora e qualcuno, a bassa voce, osa parlare di ripresa.
Nel nostro Paese, a giugno, si ripartirà dalla Coppa Italia: gli ultimi turni e finale, quindi ci si concentrerà sul campionato, naturalmente a porte chiuse. L’eccezione vale solo per i professionisti: sotto la Serie C e per i settori giovanili ci si rivede, forse, a settembre. E’ pallone d’estate, ma per una volta toccherà impegnarsi. Non finisce qui, perché a ruota, in Portogallo e Germania, con inedite gare secche e a eliminazione diretta, le migliori del continente si contenderanno Champions ed Europa League.
All’estero, però, c’è chi non ci sta. La Francia salva il Tour, ma non la Parigi-Roubaix e la Ligue1. In Olanda accadrà lo stesso, mentre gli inglesi, attraverso un modello simile al nostro, celebreranno il ritorno del titolo a Liverpool 30 anni dopo l’ultima volta. Nella bolla di Orlando, costruita per l’occasione a Disney World, tra high-tech diffuso e anelli capaci di aprire le porte, l’Nba festeggia il successo dei Lakers e, soprattutto, la totale assenza di contagi tra gli atleti impegnati. Andrà diversamente al Giro d’Italia, recuperato in un’inedita versione autunnale, dove pur tra mille incertezze e qualche positivo, si riuscirà ad arrivare a Milano.
A settembre, la nuova stagione appare in realtà una prosecuzione della precedente. Non c’è sosta, ma l’approvazione dei tamponi rapidi e la maggiore conoscenza del virus rendono lo scenario meno fosco. Il monitoraggio costante di sportivi e staff, misto al controllo delle Asl, permette il via ai campionati e sugli spalti, pur distanziato e limitato nei numeri torna anche il pubblico. Sarà un’apparizione fugace, ma la marcia indietro non rappresenterà l’unico inconveniente e già agli albori del torneo, il Napoli per volere dell’Asl resta bloccato in albergo. I calciatori della Juventus regolarmente in campo, la pubblicazione sui social di distinte e formazioni, la vittoria bianconera a tavolino, poi ribaltata dal giudizio di un tribunale, sono roba da oratorio, altro che la Serie A.
#SerieC / #FuoriCampo
La partita si è giocata nel rispetto dei protocolli, ma resta il dubbio sull’appetibilità di un prodotto che ha smesso di far sognare la gentePubblicato da Messina nel pallone su Lunedì 21 dicembre 2020
Se ai livelli più alti lo scenario è tale, sotto va anche peggio. Il Palermo affronta il derby d’andata con il Catania avendo a disposizione solo dodici effettivi, la Casertana si presenta dinnanzi alla Viterbese addirittura in nove. La Serie D, l’Eccellenza e le Giovanili non resistono ai primi freddi. Il Governo vara il concetto di interesse nazionale: in sostanza, si gioca solo nei tornei interregionali. La quarta serie è l’ultimo in ordine di importanza, ma rinvii sono la costante e il campo l’eccezione. Palestre e piscine restano chiuse, come gli impianti da sci, accessibili esclusivamente ai professionisti. Su uno sfondo difficile, a cavallo fra novembre e dicembre, si metabolizzano a fatica i lutti per Diego Armando Maradona e Paolo Rossi. Non è Covid, ma fa male uguale. Tanto. E siamo ai giorni nostri: l’ultima svolta, almeno in ordine cronologico, riguarda l’Eccellenza, pronta a riprendere con play-off allargati e retrocessioni bloccate. Uno spiraglio di luce, in attesa della sospirata normalità.