Stretto in Carena: “La nostra moto ad Aragon una speranza per i ragazzi del Sud”
Il Covid ha solo spostato le lancette più in là, posticipato di un anno l’appuntamento coi sogni. In mezzo all’officina, tra poster attaccati al muro, mani sporche d’olio e pezzi di ricambio, la moto, alta sul cavalletto, recita da sovrana assoluta. Attorno a lei, come a corte, si muove una schiera di ragazzi: la toccano, la smontano e l’accarezzano di continuo. E’ il loro tesoro, il motivo per cui da trentasei mesi sacrificano tempo libero e affetti. Adesso la sabbia nella clessidra si è quasi esaurita, Aragon è dietro l’angolo, distante un paio di curve e qualche rettilineo.
Sul circuito spagnolo, il prossimo luglio Stretto in Carena rappresenterà l’Italia meridionale al MotoStudent: “Sarà la sesta edizione della competizione, riservata agli allievi delle università di tutta Europa – spiegano Massimiliano Chillemi e Davide Crisafulli, aspiranti ingegneri, iscritti alla facoltà di Messina – Per la prima volta vi parteciperà anche un team del Sud e questo è motivo di grande orgoglio. Sentiamo la responsabilità, ma abbiamo anche tanta voglia di dimostrare di saper essere all’altezza delle aspettative”.
Bologna, Modena, più in generale Emilia Romagna e Toscana, l’Italia dell’alta velocità solitamente ha altre coordinate: “Alla base c’è il senso di rivalsa, mescolato all’idea di lanciare un messaggio, secondo cui professionalità e competenze si trovano anche da noi. La soddisfazione maggiore è stata partire con poco e riuscire a costruire un ponte tra il mondo della formazione, dell’istruzione e le aziende, che speriamo duri nel tempo e serva a creare occasioni di lavoro. Altrove magari è normalità, qui, invece, è più raro”.
Merito di un team compatto, supervisionato dai professori e composto da circa sessanta ragazzi: “Non siamo tutti ingegneri, anzi. Ci sono studenti di economia e giurisprudenza. La gara, d’altronde, si compone di due fasi: a una teorica, in cui bisogna sfoderare skills non prettamente tecniche, ne succede una pratica, da svolgere in pista”. In sintesi, c’è bisogno di tutti. “Il networking si è rivelato fondamentale. La moto, in ogni caso, ormai è pronta. Siamo al 95% del lavoro, dalla meta ci separano giusto un paio di ritocchi”.
Con la scadenza alle porte, non potrebbe essere altrimenti: “Il motore, un 250, ci è stato fornito dall’organizzazione. Noi abbiamo curato il telaio, la carena, in generale lo sviluppo del mezzo, su cui salirà un giovane esordiente, Ludovico Papale, pilota di Catania iscritto al campionato italiano. Volevamo unire alla bravura, un prodotto proveniente in toto dalla Sicilia. Le spese, prevalentemente relative a materiali e componenti, si aggirano intorno a cifre con quattro zeri”.
Costi importanti e un obiettivo in testa: “Non dobbiamo commettere l’errore di peccare di presunzione. Essere il miglior rookie e finire la corsa sarebbe già importante. Poi è chiaro: l’appetito vien mangiando”. Sperando di non raccontare nuovamente la storia dell’aquilone: “Ne avevamo costruito uno per il festival dell’anno scorso. Aveva il nostro logo ed era un modo per farci pubblicità. A dire il vero, non volava benissimo. La manifestazione, comunque, era in programma la domenica, così, il venerdì, una volta ultimato, lo lasciammo in facoltà, convinti di prenderlo il giorno dopo. Essendo sabato, però, l’università era chiusa e fummo costretti a presentarci all’evento sprovvisti”. Una grassa risata, la moto, per fortuna, è più ingombrante, difficile da lasciare ai box.