Reggina-Messina 0-2, sedici anni fa il derby perfetto
Ad ascoltare bene, le urla di gioia risuonano ancora forte. Sono passati sedici anni, ma i brividi restano addosso, impossibili da cancellare. Il 13 marzo 2005 si gioca il primo derby dello Stretto in Serie A al Granillo. La stagione si avvia verso la primavera, dove troverà il suo naturale epilogo, mentre un Messina da stropicciarsi gli occhi naviga sereno a metà classifica. Qualche risultato deludente, maturato nelle ultime giornate, non cancella una graduatoria largamente positiva, in cui spiccano le sei lunghezze di vantaggio sulla zona retrocessione. Trentotto anni dopo l’ultima apparizione nel massimo campionato, nessuno poteva immaginare una stagione così. La Reggina, dal canto suo, sta anche meglio. Con 35 punti, tre in più dei giallorossi è praticamente salva, e in uno stadio tutto esaurito cerca la vendetta. All’andata, il gol di Bonazzoli aveva illuso gli amaranto, ribaltati dalla punizione di Zampagna e dall’acuto di Re Artù. In un San Filippo stracolmo, fu un pomeriggio di delirio. Molti ne sarebbero seguiti.
Ma adesso, a un girone di distanza, è un altra storia. I biancoscudati, perfettamente coerenti con la loro tradizione, hanno costruito in casa le basi solide di una salvezza tranquilla. Lontano dal Peloro hanno vinto una sola partita, pur indimenticabile, a San Siro contro il Milan, raccogliendo per il resto qualche pari e tante sconfitte. Dall’altra parte del Stretto, la missione è una e si traduce nella voglia diffusa di esultare in faccia ai rivali di sempre, perché perdere in trasferta va anche bene, ma qui non si passa. Sia chiaro.
Gli spalti brulicano di gente e passione, le curve mostrano il vestito migliore. La coreografia con l’Uomo ragno versione monstre capeggia nel covo del tifo reggino. Dall’altro lato, assiepati nel settore ospiti, duemila messinesi esibiscono fieri lo scudo della città, accompagnato da uno striscione, su cui la scritta “Il nostro vessillo, il vostro assillo”, profuma di sogno premonitore.
La supremazia territoriale dei locali si rivela presto sterile. L’atteggiamento tattico dei giallorossi è perfetto. Il sacrificio di Arturo Di Napoli si ripercuote su un centrocampo folto, l’ideale per contenere l’arrembaggio dei calabresi. Non trascorre un quarto d’ora e Filippo Cristante colpisce di testa sugli sviluppo di una punizione tagliata di Alessandro Parisi, spaccando il match e dando il là alla festa. Gaetano D’Agostino, al volo dal limite dell’aria, dimostra perché arriverà a un passo dal Real Madrid. Il suo sinistro è un inno alla bellezza, un mix perfetto di estetica ed efficacia.
All’intervallo il derby più atteso dell’anno è già finito. I tifosi, però, non ci stanno e su Storari comincia una fitta pioggia di fumogeni, sintomo lapalissiano di un nervosismo dilagante. L’arbitro, allora, decide di non invertire il campo: le squadre nella ripresa attaccheranno come nel primo tempo. Poco importa, non succederà nulla. Anzi, sarà il Messina, in diverse occasioni, a sfiorare un tris forse troppo severo. Il 90′ porta in dote un successo corsaro e clamoroso. Una sbornia lunga una settimana, durerà fino alla domenica successiva, quando il Bologna, al San Filippo, sarà testimone dell’ennesimo show di una Curva Sud particolarmente ispirata. Migliaia di cartoncini compongono uno 0-2 alto dieci metri. “Chiamo Milano, risponde Reggio”, è lo slogan telefonico scelto per infierire sui cugini-rivali.
Al rientro in Sicilia una città impazzita accoglie i propri beniamini agli imbarcaderi, regalandosi una notte di fuochi d’artificio, insonnia e bagordi. Sarà la cartolina più emozionante di una giornata che resiste stoica all’incedere del tempo e alla mediocrità attuale.