Messina: quando il “vivacchiare” uccide una passione centenaria
La forte e decisa protesta della tifoseria messinese ha scombussolato l’encefalogramma piatto delle consuete estati giallorosse. Ma per quanto tempo, ancora, la fiamma dell’amore per la biancoscudata continuerà ad ardere sotto la cenere?
I toni si sono alzati ed era inevitabile che tutto ciò accadesse. L’equilibrio è stato rotto da tempo ma solo passando ai fatti si riesce a lasciare un segno tangibile che l’universo social rende fumoso e poco concreto. I tifosi messinesi sono tornati in piazza e lo hanno fatto sempre con una “signorile veemenza”. Si perché a dispetto da quanto possano sostenere alcune malelingue, la Messina calcistica ha tanti difetti ma sicuramente non è un ambiente violento ed in cui non si può fare calcio. Piuttosto interroghiamoci sulle reali motivazioni che hanno spinto oltre 500 persone a scendere in piazza in un caldo pomeriggio di luglio. Con una nuova stagione alle porte, chi ama la biancoscudata ha voluto difendere l’amore per la propria maglia, quella passione che è frutto di appartenenza ed identità. Ancora una volta è bene specificare dei concetti che, al contrario, dovrebbero essere fissati ben in mente a chiunque in riva allo Stretto. La protesta non è indirizzata a Pietro Sciotto ed alla sua famiglia per qualche preconcetto, per i risultati sportivi o per la mancata “Serie B in tre anni”.
In realtà la comunità messinese chiede ciò che sta alla base di una società calcistica professionistica. Serietà, chiarezza ed organizzazione. Tre concetti che, in otto anni di gestione Sciotto, non si sono mai palesati agli occhi dei tanti amanti dei colori giallorossi. Ad oggi, infatti, il Messina è in un limbo di mediocrità assoluto a tutti i livelli ed il tutto viene giustificato con i consueti luoghi comuni riferiti su ciò che merita la città. Sicuramente Messina ha tante carenze, difficoltà e problematiche ma abbonda di tuttologi, esperti in qualsiasi campo e personalità che si ergono a finti paladini della giustizia per riempire il proprio ego o le proprie tasche. Sotto sotto, infatti, sono tanti i personaggi che agiscono nell’ombra pur di far proseguire il “vivacchiare” di questa società.
Adesso, però, la misura è colma ed i tifosi hanno deciso di gridarlo a gran voce dopo una serie di striscioni inequivocabili. La volontà è proprio quella di raggiungere uno stato di pura normalità. Messina, in questo momento, non ha bisogno del presidente sopra le righe che possa proporre progetti ambiziosi ed investimenti milionari. Ad oggi la città merita di avere una società strutturata in ogni sua componente. Uno staff dirigenziale capace di lavorare, sullo stesso piano, sia dentro che fuori dal campo unendo l’area amministrativa a quella sportiva e logistica. Il Messina ha bisogno di una sua casa, di una sua sede sociale e di punti di riferimento ben visibili dalla popolazione. Il Messina deve lavorare al futuro dei giovani creando un settore giovanile che possa alimentare i sogni dei più piccoli accompagnandoli in un percorso di crescita. Il Messina deve avere una linea comunicativa chiara, trasparente e costante abbandonando l’idea di poter costantemente prendere in giro un’intera tifoseria.
E poi ci sarebbe anche la squadra, quella che fa battere il cuore ogni volta che è su un prato verde. Come testimoniano altre realtà che certamente non vivono una situazione cittadina migliore di quella messinese, la costruzione di una rosa non ha bisogno dei milioni di euro sperperati ma di competenza ed organizzazione. Al tifoso messinese serve riappropriarsi della propria passione, identificarsi in calciatori che sudano la maglia in campo, tornare ad essere orgogliosi del proprio stemma in giro per l’Italia.
Qui non si sta chiedendo la luna né tantomeno si sta puntando il dito contro qualche capro espiatorio specifico. Qui si sta parlando di calcio, quello vero, perché il Messina si trova ad affrontare un torneo professionistico. Lo sport può rappresentare la svolta a 360 gradi per l’intera comunità messinese. Continuare a “vivacchiare” serve solo a chi, con grande arroganza e presunzione, crede di poter avere tutto il potere nelle proprie mani e decidere per la collettività.
La verità è che senza l’amore, la passione e la presenza dei tifosi, il calcio non avrebbe motivo di esistere.