Catania-Messina: quel tabù che fa rima con ingiustizia e rassegnazione
Il tanto atteso derby viene deciso da un rigore contestatissimo che premia gli etnei e penalizza oltremodo i biancoscudati.
“Sarà per la prossima volta”. Ci sono partite speciali, quelle che valgono un’intera stagione e che vanno ben oltre i tre punti in palio. Match attesi per lunghe settimane e che, in base al risultato, possono cambiare lo stato d’animo di migliaia di tifosi ed appassionati del pallone sul prato verde. Ci sono quei derby che nessuno vorrebbe perdere e che rappresentano dei ricordi unici nella vita di ognuno di noi. Per tutti questi motivi e per molti altri, sentirsi dire “Sarà per la prossima volta” è un mantra che fa male dopo ogni singola sconfitta. Ma, nel calcio, ci sono KO che lasciano il segno e che difficilmente vengono dimenticati.
Catania-Messina non è mai stato un match banale. Tralasciando i motivi campanilistici, troppe storie e vicende si sono intrecciate tra loro nel corso della storia calcistica dei due club. E poi, sul fronte messinese, ci sono state tante gioie in riva allo Stretto ma i sorrisi al “Massimino” sono un ricordo lontano. Bisogna riavvolgere il nastro per tornare ad un blitz esterno alle pendici dell’Etna. Questo era il vero tabù che i ragazzi di mister Modica volevano sfatare e ciò che i tifosi chiedevano ad una squadra che ha sempre difeso la maglia in questa stagione. Nonostante l’assenza, scontata, della tifoseria ospite, era compito dei calciatori tenere alto l’onore di Messina e del Messina di fronte a oltre ventimila spettatori. Le motivazioni di classifica, poi, rendevano questa sfida una vera e propria finale: da una parte il match della vita per la società del presidente Pelligra, dall’altra la voglia di cullare ancora quel sogno playoff mai dimenticato.
C’erano tutte le premesse per vivere una sfida d’altri tempi, una grande classica del calcio italiano. Eppure tutto è passato in secondo piano, l’aspetto sia sportivo che ambientale ha lasciato spazio a ben altro. Il nostro day after, come quello di migliaia di tifosi, è stato monopolizzato da quanto avvenuto in occasione del rigore concesso ai padroni di casa. Non siamo soliti parlare di arbitri o episodi né faremo da sponda a pseudo teorie complottiste, eppure si ha la sensazione che determinanti avvenimenti vengono indirizzati nell’universo della Serie C.
Certamente, è bene sottolinearlo, il movimento calcistico italiano sta vivendo un’annata davvero terribile. Tantissime polemiche in Serie A, una crisi interna alla struttura arbitrale e l’indagine delle Iene a dare il colpo di grazia. Allo stesso tempo, però, risulta difficile liquidare le vicende delle categorie inferiori con i soliti mantra che vanno dall’inadeguatezza dei fischietti, alla scarsa preparazione fino alla mancanza di coraggio. Il goal decisivo di Di Carmine su calcio di rigore è solo la punta dell’iceberg. Al “Massimino”, infatti, si sono intrecciate le vicende di due società che hanno avuto un rapporto con la classe arbitrale totalmente opposto.
Il Catania ha dimostrato di avere un “peso” societario importante. Non solo per gli enormi investimenti fatti ma anche nell’autorevolezza della propria voce nei palazzi istituzionali romani. Il derby contro il Messina è sembrata la naturale conseguenza di quanto già visto nella finale di Coppa Italia contro il Padova. Allo stesso tempo, l’altra faccia della medaglia è rappresentata dal Messina. E’ oggettivamente evidente la serie infinita di errori arbitrali occorsi nel girone di ritorno alla squadra biancoscudata. A tutto questo bisogna aggiungere il record storico di tre stagioni consecutive senza rigori ottenuti al “Franco Scoglio”. Tutto questo, però, non va contestualizzato in un panorama di persecuzione ai danni dei giallorossi. Certo il Messina, con qualche punto in più, avrebbe disputato sicuramente i playoff ma non bisogna alimentare quel chiacchiericcio che vorrebbe la società del presidente Sciotto come vittima sacrificale.
Piuttosto concentriamoci proprio sulla voce del management biancoscudato. Questo continuo silenzio, unito ad un’organizzazione societaria non ben strutturata e carente, rende il Messina una società dal nome importante ma non al passo con i tempi dell’attuale calcio professionistico. La crescita generale non passa solo dal campo ma, soprattutto, dal creare una struttura davvero forte, esperta e con radici solide. Riavvolgendo il nastro, la tematica arbitrale fu affrontata dal presidente Sciotto in quella conferenza stampa famosa post Messina-Crotone. Ad oggi, invece, c’è il solo Modica che si è fatto carico di avanzare la propria opinione su queste tematiche spinose.
Alla luce di tutto ciò, la sconfitta di Catania non deve essere classificata come una “gara rubata”. Al contrario, deve essere il punto di inizio per un nuovo percorso di crescita. Il Messina ha bisogno di riappropriarsi del proprio nome e della propria tradizione nel panorama calcistico italiano. Ci sarebbe piaciuto analizzare questa partita e parlare degli aspetti positivi e anche negativi che il campo ha mostrato. Purtroppo, però, è arrivato il momento di dare una scossa ed invitare tutto l’ambiente ad una riflessione profonda. Il campionato volge al termine e, fortunatamente, senza alcun brivido finale. Adesso, però, è giunto il momento di fare il salto di qualità a 360 gradi per non ricadere nei soliti cronici problemi.