Maignan come Zoro: a testa alta contro la piaga dell’ignoranza e del razzismo
Il portiere francese, vittima di insulti razzisti, ha abbandonato il campo durante la sfida tra Udinese e Milan. Un gesto forte che ha ricordato il precedente del 2005 con protagonista il difensore biancoscudato.
27 novembre 2005 – 20 gennaio 2024. Due date che, sulla carta, appaiono abbastanza anonime e senza alcun legame tra di loro. Eppure entrano di diritto nella storia del calcio italiano. A quasi vent’anni di distanza, un periodo enorme se paragonato all’evoluzione di questo sport, ci ritroviamo ancora una volta a parlare di razzismo, ignoranza e discriminazione. Tre termini che dovrebbero essere banditi non solo dal rettangolo verde ma dalla nostra stessa quotidianità. Tuttavia l’ennesima macchia indelebile ha caratterizzato questo fine settimana calcistico e lo ha fatto sotto la luce dei grandi riflettori, non in uno sperduto campetto di periferia.
Udinese – Milan, gara ferma sullo 0-1 in favore dei rossoneri. Un match fondamentale per gli uomini di Pioli sia per la classifica che per la situazione ambientale che si respira attorno alla società. Eppure tutto passa in secondo piano quando Mike Maignan, il forte estremo difensore francese, decide di richiamare la sua panchina, l’arbitro e il quarto uomo. Insopportabili per il portiere i continui insulti a sfondo razziale provenienti dalla curva di casa. In questi casi il protocollo istituzionale prevede il “richiamo” ufficiale attraverso lo speaker: un’azione di poco conto che, al contrario, anima ancora di più l’ignoranza becera di determinanti elementi da non chiamare tifosi. Di fronte a tutto questo servono dei gesti forti e Maignan ne diventa simbolo nella fredda notte friulana. Togliersi i guanti e lasciare il campo a testa alta seguito dai suoi compagni. Un momento di grande impatto non solo visivo ma anche emotivo. La gara viene sospesa ed appare ancora più grave e svilente osservare capitan Pereyra e il direttore sportivo Balzaretti andare a “placare” la curva di casa. Fin quando, purtroppo, non ci sarà una vera lotta contro il razzismo questa piaga non abbandonerà mai gli stadi italiani. C’è chi invoca le sconfitte a tavolino, chi parla di multe salate ma, onestamente, appare alquanto ridicolo andare a punire una società con qualche decina di migliaia di euro da pagare o sbarrando le porte di determinati settori. Il razzismo si combatte individuando i responsabili e agendo con il pugno duro in sede processuale.
Inutile dire che quanto avvenuto ad Udine ha caratterizzato le prime pagine della stampa italiana ma anche mondiale. L’ennesimo brutto capitolo di una storia che lega tutto il mondo a prescindere da qualsiasi categoria. Così mentre risuonano forti le dichiarazioni dure di Maignan nel post partita, appaiono decisamente “morbide” quelle di Gianni Infantino. Il presidente della FIFA, pur condannando ogni episodio di razzismo, si concentra ancora su sanzioni sportive come l’annullamento della gara e la sconfitta a tavolino. In attesa di capire cosa si vorrà fare concretamente a livello istituzionale, la nostra memoria non può non andare a quasi vent’anni fa. Riavvolgendo il nastro ci proiettiamo in una Serie A molto diversa ed in un “Franco Scoglio” decisamente pieno rispetto alla situazione attuale.
Erano i tempi del Messina in massima serie, della presidenza Franza e della stagione successiva a quella del settimo posto. L’epilogo non sarà felice con la retrocessione in Serie B, ma la città dello Stretto balzò al centro delle cronache mondiali. A metterci davvero la faccia, con grande dignità e temperamento, fu Marc André Zoro indimenticato difensore ivoriano grande protagonista della scalata in massima serie. Poco più che ventenne, il terzino biancoscudato raccolse la palla con le mani e fece interrompere la partita. Non un match banale ma l’attesissima sfida contro l’Inter di mister Mancini. Quel giorno, che rimarrà nella storia del calcio italiano e nella memoria di tutti, Zoro decise di far saltare il banco e di non accettare più passivamente la piaga razziale. Da lì in poi la percezione sulla problematica cambiò e si iniziò a lavorare per una dura lotta. Purtroppo, a quasi vent’anni di distanza, è evidente che ancora troppo poco è stato fatto. L’auspicio è che i riflettori su questo triste fenomeno non si spengano nel giro di pochi giorni. Noi vorremmo parlare solo di calcio giocato, vittorie, sconfitte e traguardi raggiunti. Siamo stanchi di svegliarci la mattina e dover raccontare, analizzare e commentare nuovi casi Zoro, Maignan, Balotelli, Boateng, Kean…