“Ti immagini se fosse sempre domenica…”
…e quella sensazione di ansia nel dover andare ad affrontare una partita, e quella lunga attesa settimanale per tornare a cantare in curva, e quella voglia di assistere ad un pallone rotolare che sia terra battuta o prato verde”
Permetteteci una sottile vena nostalgica in questa domenica illuminata da un pallido sole di gennaio. Il 2022 per noi amanti viscerali del calcio non è iniziato nel miglior modo possibile. A tutte le latitudini, continuiamo a fare i conti con gli strascichi di una pandemia che non vuole mollare la presa e che ci ha tolto anche le migliori abitudini domenicali. Permetteteci, quindi, di prendere in prestito le parole del grande Vasco e di uno dei suoi innumerevoli capolavori datato 1985. Tempi di un calcio che non c’è più quello delle radioline e delle trasmissioni serali su mamma Rai, quello dei gradoni sugli spalti e delle folle oceaniche a riempire i vialoni cittadini verso gli stadi.
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A quasi quarant’anni di distanza dalla pubblicazione di questa canzone, ci ritroviamo a dover stare fermi ed immobili. Perchè la domenica era di tutti: dei tifosi e delle curve, dei giovani calciatori che andavano a giocare le gare giovanili al mattino, delle categorie dilettantistiche nel primo pomeriggio sino ad arrivare ai big match serali sotto la luce dei riflettori. Oggi, invece, ci ritroviamo a ad essere protagonisti di una fredda cronaca svuotata di qualsiasi tipo di sentimento positivo. A due anni dall’inizio della pandemia da Covid-19, sono stati spazzati via i sogni di migliaia di ragazzi costretti ai molteplici stop forzati non solo nei campionati giovanili ma anche negli allenamenti settimanali. Facciamo i conti con un calcio dilettantistico ridotto ai minimi termini tra decine di fallimenti societari e l’assenza totale di garanzie e tutele. Le fondamenta del nostro calcio che si disgregano sempre di più.
Un fenomeno che, scalando la piramide, ha un effetto a catena anche sull’universo professionistico. Serie C impotente di fronte alle centinaia di contagi ed alle prese con un protocollo sempre più confusionario. Serie B primo torneo ad alzare bandiera bianca già durante le festività natalizie. Senza dimenticare quella Serie A del “tanto si gioca perché ormai contano solo i soldi”. Interessi economici che vanno a scontrarsi, inevitabilmente, contro un sistema ormai logoro ed arretrato.
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Ed infine ci sono loro, i tifosi. Ultima bandiera di un calcio nostalgico che va verso l’estinzione. Ultimo baluardo del concetto vero di passione ed aggregazione sociale. Non vogliamo scadere nelle frasi banali o nei luoghi comuni ma senza il cuore pulsante sugli spalti il calcio non ha motivo di esistere. Un concetto assoluto, una legge non scritta che parte dai riflettori di San Siro e termina sui campi in terra battuta a ridosso delle spiagge italiane. Per l’ennesima volta, in questi ultimi due anni, gli stadi chiudono le porte: una desertificazione totale giustificata dai numeri crescenti della pandemia e dalle cervellotiche regole multiforme dei Green Pass.
“Il calcio è l’ultimo dei problemi in questo momento” diranno alcuni. Noi preferiamo canticchiare la canzone di Vasco mentre una nuova domenica senza calcio scorre via.