Messina: Pietro Sciotto, ennesima puntata di un ritornello già sentito
Se sarà lo sfogo di un pomeriggio infausto lo dirà il tempo. Pietro Sciotto, d’altronde, è così parla, poi ritratta, torna sui suoi passi. Ci ripensa. È successo già in passato e nulla impedisce di pensare possa capitare ancora. Eppure se ci si dovesse fermare alle parole del post manita incassato dalla Turris, lo spazio di manovra sembra davvero risicato, per non dire nullo. “Ho fatto di tutto per portare il Messina in alto, ma molto in alto, ho dato carta bianca, ma non ce la faccio più, sono arrivato al punto di non ritorno, non vado più avanti, mi dispiace moltissimo”, ha detto il patron. E ancora: “Rischio l’infarto, in questo momento sono al massimo della negatività, voglio solo chiedere scusa a tutti. Mi fermo, punto. Rilascio solo questa dichiarazione in diretta. Grazie e scusate”.
Frasi nette, non esattamente in linea con i regali di Natale di cui, al contrario, dovrebbe essere foriero il periodo. Ma dei quali da molto ormai i tifosi del Messina hanno imparato a fare a meno. Espressioni da cui pare trapelare un dispiacere vero, che però difficilmente basteranno a placare la rabbia della gente. Troppi, infatti, in questi anni sono stati gli errori e se, in passato li si è abbonati sull’altare della buona fede, adesso i jolly sono esauriti. Il professionismo è tesoro prezioso, non solo sotto il profilo sportivo, e lavarsene le mani in questo modo non è esattamente un comportamento encomiabile. Chi è causa del suo mal pianga se stesso, dicevano una volta le mamme davanti alle marachelle dei bambini. Oggi quell’insegnamento si ripresenta, terribilmente attuale.
Già, perché su una classifica impietosa, ipocrita negarlo, pesano come un enorme macigno le rivoluzioni estive. La presunzione, si perdonerà il termine, di smantellare tutto per costruire in un mese scarso la squadra che avrebbe dovuto onorare il ritorno di Messina nel professionismo. Attenzione, che diversi elementi andassero cambiati era piuttosto palese, che si potesse optare per un organigramma diverso quantomeno legittimo. Però, puntare su Lo Monaco è significato innanzitutto girare le spalle (non un inedito dell’attuale gestione) a una piazza da cui oggi si chiede comprensione. E che complice anche la promozione di maggio ha chiuso entrambi gli occhi su stagioni e uscite parecchio dolorose. I ricordi sono talmente nitidi, d’altronde, che riportarli alla mente non è impresa eccessivamente complicata.
I settecento di Latina, accorsi da ogni parte dello Stivale, per una finale di Coppa Italia di Serie D, meritavano magari un congedo migliore degli insulti e dei gesti piovuti dalla dirigenza di allora. Correva l’anno 2019 e appena quattro mesi prima Sciotto aveva dichiarato esplicitamente di voler lasciare il Messina: “Oggi ho deciso di dire basta col Messina”, affermò nella circostanza attraverso un comunicato. “Lo dico a malincuore ma con la consapevolezza che oltre non si può proprio andare. procederò alla nomina di un Commissario unico che gestisca la società sino alla fine del campionato per cercare di concludere nel modo più dignitoso possibile cercando di raggiungere quantomeno l’obiettivo minimo della salvezza”.
Finì diversamente. Un po’ come due anni prima. L’otto ottobre 2017 il Messina, nonostante i proclami estivi perse in casa con l’Acireale. Due punti in sei giornate fecero partire il solito ritornello: “Sono amareggiato per i cori ricevuti dai tifosi nel corso della partita e dopo il triplice fischio, insulti che mi feriscono nel profondo. Si possono capire e giustificare le contestazioni, mai gli insulti. Soprattutto nei confronti della mia persona, dopo aver dato tutto me stesso per la rinascita del calcio messinese. Anche senza riuscirci, purtroppo. Ne conseguono pertanto, come atto dovuto, le mie dimissioni immediate e irrevocabili”.
Un tira e molla che ha finito per logorare un ambiente già saturo di promesse andate in malora e stagioni disastrose. E veniamo a un altro, ultimo, punto focale. L’idea di farsi da parte adesso, a un paio di settimane dai discorsi simili pronunciati da Pietro Lo Monaco, sa di barca lasciata alla deriva. Le dimissioni hanno senso, e sono nobili, quando si accompagnano alla consapevolezza di passare il testimone a qualcuno più competente. Così con la frittata servita e una sconfitta dietro l’altra, assumono soltanto le sembianze di una fuga. L’ennesimo sgarbo che questa città si trova costretta ad incassare.