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Stadio Franco Scoglio: Amore mai sbocciato

C’è un prima e un dopo, come per gli avvenimenti importanti. Date che diventano spartiacque, trascorse le quali, nulla è più come prima. Il San Filippo non è il Celeste, manca di tradizione, trasmette freddezza, specie adesso, con le due squadre della città a barcamenarsi faticosamente in Serie D e gli spalti vuoti a fare da desolante cornice.

Eppure c’è un momento in cui la storia cambia, il finale diventa tragico e la realtà si manifesta nella sua totale tristezza. Stagione 2014/2015, presidente Lo Monaco e Lega Pro unica, traguardo raggiunto con due promozioni consecutive.

La squadra non è eccezionale, punta alla salvezza e la vittoria di Reggio galvanizza l’ambiente e infonde il convincimento di un obiettivo alla portata. A riportare tutti con piedi per terra, bastano una settimana e il Matera. E’ il 20 settembre quando i giallorossi, sulle ali dell’entusiasmo, incassano un’inedita manita.

La disfatta viene archiviata sotto il nome di incidente di percorso, da riscattare nel turno successivo, sempre in casa, contro la Casertana. I propositi di belligeranza si spengono in venti minuti. Alla fine, saranno ancora cinque e la magra consolazione del gol di Stefani non lenirà un dolore immenso.

“Dieci gol in due partite, nemmeno avessimo affrontato il Real Madrid”. I commenti sono tutti così, raccontano di delusione, amarezza e facce sconvolte. Va bene accettare retrocessioni, fallimenti e campi polverosi, abituarsi a una vita senza guizzi. Ma la dignità, no. Quella, cortesemente evitate di portarla via. L’ennesima annata maledetta si concluderà nel peggiore dei modi, con la Reggina a esultare in uno Stadio popolato da diecimila fantasmi.

Il play-out verrà cancellato da un’estate di sentenze e tribunali. Amaranto falliti, Messina ripescato. Ma è in quel doppio turno settembrino che si fotografano nitidamente gli ultimi 15 anni di calcio in riva allo Stretto, in cui la discesa negli inferi è stata una costante e il Franco Scoglio il suo inscindibile teatro.

Nella città in cui non si vinceva mai, hanno finito legittimamente per passeggiare tutti. Blasone calpestano, nobiltà cancellata da un presente a tinte fosche che non si rassegna a diventare passato. Eppure al San Filippo non era iniziata male. Passi per la partita inaugurale di uno stadio mai completato, un’amichevole d’agosto in cui la Juventus riuscì finalmente a imporsi a Messina, e i passaggi vuoto con Lecce e Milan, doppio 1-4, c’erano stati la Serie A, il settimo posto e qualche giornata memorabile.

Su tutte due: l’impresa bagnata sulla Roma e l’acuto di Rafael al 95′ per spedire l’Inter all’inferno e Messina in paradiso. Zampagna e Rafael, facce diverse di una stessa medaglia. Eroi, più o meno per caso. Nomi, a cui corrispondono ricordi destinati a restare impressi nella mente della gente senza cancellarsi mai.

Sarà gloria di una volta, illusioni asciugate dal sole d’agosto e da problemi che, nemmeno troppo piano, diverranno giganti. Da lì in poi, saranno fiumi di fango, mentre lo spazio per la gioia si assottiglierà inesorabilmente. Anche per questo, nonostante gli anni il San Filippo, non scalda il cuore e il campo, come lo chiamano da quelle parti, per tutti continua a essere l’altro.

Nanni Sofia